Il nuovo articolo del presidente di OSA e di Confcooperative Sanità sul mensile Panorama della Sanità

Non è più soltanto una questione di assetto del Servizio Sanitario Nazionale e quindi del futuro del sistema della salute italiano. E non è più soltanto il modo per colmare adeguatamente le crepe lasciate in tutta evidenza dalla tempesta perfetta della pandemia. Sulla realizzazione – concreta, efficace – dell’assistenza primaria si gioca la stessa tenuta sociale del Paese. Si tratta, quindi, di una vertenza capitale: di quelle che, se risolte, consentono il progresso; e se disattese scaraventano nello sprofondo.

La fase è dunque cruciale, tanto che il Terzo Settore deve sentirsi chiamato ad una prova inedita nella sua storia. La Carta costituzionale aveva enucleato ruolo e funzioni della cooperazione nell’azione sussidiaria alle diverse articolazioni statuali. Nel corso dei decenni, tuttavia, coinvolta più spesso nelle emergenze o obtorto collo, la cooperazione è stata in qualche maniera relegata a manovalanza del sistema pubblico. Oggi spetta proprio al Terzo Settore rivendicare in senso proattivo uno scatto di evoluzione: che significa tanto codificare la disponibilità ad una piena alleanza orizzontale, quanto declinarne la responsabilità.

Se si parla di cooperazione sociosanitaria è una impresa enorme, poiché all’obiettivo immediatamente necessario di progettare continuum assistenziali che offrano risposte efficaci e innovative ai bisogni delle persone, occorre affiancare una riprogrammazione – parallela e profonda – di quelle che mi piace definire “le 3C“ (comportamenti, competenze, conoscenze). Mi riferisco evidentemente ad un lavoro vero e proprio di qualificazione del Terzo Settore attraverso l’assunzione di comportamenti in linea con il tempo nuovo, l’acquisizione di un bagaglio di competenze al passo con il nuovo tempo, l’edificazione di un sistema di conoscenze funzionale al tempo in cui siamo già immersi.

Ho letto, a ruota e quasi casualmente, due libri solo apparentemente diversi, uno edito nelle scorse settimane (“Michele Ferrero. Condividere valori per creare lavoro”, S. Giannella), l’altro nel 2020 (“L’impresa come sistema vivente”, M. Mercati). Il primo è la biografia del fondatore della Ferrero e quindi l’affascinante narrazione di una delle storie imprenditoriali italiane più di successo al mondo; il secondo è la tesi vorrei dire: ideologica dell’AD di Aboca, azienda leader nel mercato degli integratori alimentari naturali.

Ambedue i volumi restituiscono, mantenendo le debite differenze, la visione di una impresa responsabile possibile, da cui desumere – nel distillato non è rilevante che si tratti di esperienza del capitale o di impresa sociale – un modello esemplare che sappia generare a sistema lavoro dal lavoro e valore dal valore.

Mi azzardo ad andare oltre: se la cooperazione sociosanitaria ha intenzione di affermare il proprio protagonismo, se cioè intende competere ad armi pari in una dimensione «glocal», globale e locale insieme, da un lato affacciandosi al mondo e dall’altro battendo i territori, allora questo è il momento per evolvere, anche mutuando competenze imprenditoriali e manageriali e saperi da dimensioni distinte e distanti per innestarli sulla propria storia e adattarli alla propria mission.

La sfida non è quella, annosa, di cambiare per resistere un passo alla volta o sopravvivere, ma di cambiare per contribuire alla salvezza del Paese insieme e alla pari con i tanti soggetti di buona volontà di cui l’Italia è capace.

Giuseppe Maria Milanese

Panorama della Sanità – giugno 2023