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Un gruppo di scienziati americani individua una variante genetica in grado di proteggere i soggetti a rischio dagli effetti più debilitanti della malattia
Un’équipe di ricercatori della scuola di medicina di Stanford in California ha recentemente pubblicato uno studio su JAMA Neurology, rivista scientifica dell ‘American Medical Association, specializzata nelle ricerche sul sistema nervoso e sui vari meccanismi delle malattie neurologiche, comunicando la scoperta di una particolare variante genetica in grado di proteggere i portatori dagli effetti devastanti del morbo di Alzheimer.
La malattia è strettamente associata a placche amiloidi e ammassi neurofibrillari riscontrati nel cervello, ma non è nota la causa prima di queste degenerazioni. Ad oggi quindi non esiste una cura per sconfiggerla se non terapie palliative per rallentarne il decorso.
Lo studio degli scienziati californiani ha individuato una nuova proteina che partecipa al processo di formazione delle placche amiloidi (la cui presenza nel cervello è causa del declino cognitivo in un paziente Alzheimer- ndr) assieme ad una variante dell’Apoliproteina E, il principale trasportatore di colesterolo del sistema nervoso centrale.
I ricercatori sanno già da tempo che una variante genetica, denominata ApoE4, esiste tre volte più frequentemente nei pazienti con Alzheimer: il 15% delle persone senza Alzheimer possiede questa variante a fronte del 50% delle persone che ne sono affette.
Tuttavia, non tutti i portatori di ApoE4 sviluppano poi la malattia e i ricercatori pensano che ciò avvenga proprio grazie all’ulteriore variante genetica che hanno scoperto: queste persone possono vivere anche oltre i novant’anni senza sviluppare i sintomi e gli effetti debilitanti classici dell’Alzheimer. L’ulteriore variante genetica in questione è la variante genetica di una proteina denominata klotho. Nello specifico i ricercatori hanno scoperto che nelle persone trasportatrici di ApoE4, possedere una copia e non due della variante klotho riduce, per motivi ancora sconosciuti, il rischio dell’Alzheimer del 30%.